Possiamo ancora dirci cristiani?

«L’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare»: così papa Francesco nel suo messaggio per la 106a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.

Il Papa con le sue parole evoca una verità di natura antropologica ed esistenziale che caratterizza la vita di ogni uomo di ogni donna: tutti diventiamo quello che ascoltiamo e che, nel corso degli anni, ci informa e poi ci forma o, purtroppo, ci deforma.

In questa prospettiva va posta la domanda sull’identità di un cristiano: chi bisogna ascoltare per diventare ed essere cristiani non a parole ma nella concretezza delle scelte e dei progetti della propria vita?

La risposta è obbligata: cristiani si diventa attraverso l’ascolto attento della Parola che Dio ha rivelato gradualmente nella storia della salvezza e che in Cristo giunge a compimento. È una Parola che chiama ed una vera e profonda emigrazione: dall’egoismo genesiaco – il peccato originale da cui prendono origine tutti i mali – all’amore verso Dio e verso il prossimo in una dimensione che non ammette eccezioni e confini di nessun genere e che diventa autentico quando e se il “prima” viene utilizzato solo nei confronti di Dio.

Prima Lui «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente», e poi ogni uomo e ogni donna di cui il cristiano deve farsi prossimo: la parabola del samaritano su cui papa Francesco costruisce la sua enciclica “Fratelli tutti” ce lo ricorda in maniera profetica.

La Parola di Dio, dunque, è sorgente e alimento della fede. C’è un particolare determinate che nessun cristiano dovrebbe mai dimenticare: questa Parola in Cristo si è fatta “carne”. Di fronte a questo mistero cadono tutti gli alibi di chi volesse appropriarsi dell’identità cristiana ridimensionando la qualità dell’amore che Cristo chiede a chi lo ascolta e vuole essere suo discepolo. Infatti, la Parola che in Lui si fa carne non è un concetto da interpretare e su cui discutere ma è una vita da imitare.

Forse oggi più che mai, di fronte al drammatico problema dell’immigrazione, i cristiani dovrebbero avere il coraggio e la sincerità di chiedersi: possiamo ancora dirci ed essere cristiani se il problema ci porta ad assumere atteggiamenti e a coltivare sentimenti che Gesù ha ripudiato e condannato in maniera netta e senza alcuna possibilità di mettere in discussione ciò che Lui ha detto e ha fatto?

Don Lorenzo Blasetti, foto Avvenire