Migrantes: pubblicato il «Rapporto Italiani nel mondo 2016»

Migrantes: Ormai quasi 5milioni gli italiani all’estero. Circa 110mila nell’ultimo anno: non emigrati ma viaggiatori. Tra di loro anche i “nuovi italiani”

Dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9% passando da poco più di 3 milioni di iscritti all’AIRE a oltre 4,8 milioni.
Al 1° gennaio del 2016 sono 4.811.163 i cittadini italiani residenti all’estero iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE). L’aumento, in valore assoluto, rispetto al 2015 è di 174.516 iscrizioni (+3,8% di crescita). La maggior parte delle iscrizioni sono per espatrio (oltre 2,5 milioni) e per nascita (1.888.223).

Pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi, si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese. Ciò consegue dal fatto che, negli ultimi anni, pur restando la Sicilia con 730.189 residenti la prima regione di origine degli italiani residenti all’estero seguita dalla Campania, dal Lazio e dalla Calabria, il confronto tra i dati degli ultimi anni, pone in evidenza una marcata dinamicità delle regioni settentrionali, in particolare della Lombardia e del Veneto.

Da gennaio a dicembre 2015, hanno trasferito la loro residenza all’estero per espatrio 107.529. Rispetto all’anno precedente si registrano 6.232 partenze in più (+6,2% di crescita). Il 69,2% (quasi 75 mila italiani) si è trasferito nel Vecchio Continente: l’Europa, quindi, si conferma essere l’area continentale maggiormente presa in considerazione dai trasferimenti degli italiani che vanno oltre confine.

La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto seguita dal Veneto (10.374), dalla Sicilia (9.823), dal Lazio (8.436), dal Piemonte (8.199) e dall’Emilia Romagna (7.644).

La Germania (16.568) è stata, lungo il corso del 2015, la meta preferita dagli italiani andati oltreconfine: a seguire, con una minima differenza, il Regno Unito (16.503) e poi, più distaccate la Svizzera (11.441) e la Francia (10.728).

Su 107.529 espatriati nell’anno 2015, i maschi sono oltre 60 mila (56,1%). L’analisi per classi di età mostra che la fascia 18-34 anni e la più rappresentativa (36,7%) seguita dai 35-49 anni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni).

Il Volume

Per l’edizione 2016 la pubblicazione, unica nel suo genere in Italia, conserva la struttura dell’anno precedente. L’attenzione per la mobilità di oggi si definisce con la sezione dedicata alle Indagini e quella dedicata alle Esperienze contemporanee dove vengono presi in considerazione luoghi –Londra, Lussemburgo, Colonia e Buenos Aires – e temi – le partenze dei pensionati, le nuove rotte migratorie dei giovani e la difficile decisione di partire o non partire della generazione dei Millennials italiani –, che cercano di indagare caratteristiche, modalità, peculiarità delle nuove forme di mobilità in relazione all’esperienza passata e al contesto nazionale ampliato all’identità e all’esperienza europea o internazionale e cosmopolita. Per la prima volta, il volume si occupa di un tema destinato a diventare sempre più popolare, quello cioè dei nuovi migranti di origini non italiane, ma che sono recentemente partiti dall’Italia con cittadinanza italiana. Sono i cosiddetti “nuovi italiani”, le cui caratteristiche somatiche ci farebbero “etichettare” come cinesi, nigeriani, indiani, bengalesi, marocchini e che invece, dopo anni di permanenza in Italia, non solo hanno acquisito la cittadinanza italiana ma, essendo anche loro coinvolti dalla negativa congiuntura economica e occupazionale, decidono di lasciare l’Italia e provare a cercare altrove la realizzazione di se stessi. Il caso specifico analizzato in questa sede e quello dei bengalesi italiani che stanno migrando dall’Italia alle città britanniche, soprattutto Londra ma anche Birmingham e Manchester.

La cittadinanza, la condizione linguistica, l’italicità, il Made in Italy, il ruolo delle Missioni Cattoliche in Europa e la figura del “missionario d’emigrazione” sono, invece, i temi presenti nelle Riflessioni.

L’ultima sezione – lo Speciale – è dedicata al complesso tema della presenza degli italiani negli spazi urbani, ovvero dove vivono gli italiani residenti fuori dei confini nazionali. Sono prese in analisi 32 città che coprono tutte le aree continentali.

Ne è nata una sezione ricca e variegata, in cui il presente si lega al passato e viceversa, in un rapporto vitale e sostanziale in cui al centro è sempre il migrante con la sua storia e la sua identità, la sua cultura e le sue abilità, individuo che lascia tracce nello spazio che attraversa, addomestica terreni, crea nuovi luoghi. Il territorio non è della storia, ma di chi lo abita ed è destinato a non essere sempre uguale a se stesso, ma a riportare fedelmente ogni traccia lasciata dagli uomini che lo hanno attraversato. Chiudono gli allegati socio-statistici e la bibliografia ragionata delle più recenti pubblicazioni dedicate all’emigrazione italiana.

A questa edizione – di oltre 500 pagine – hanno collaborato 60 autori con 51 diversi contributi ed approfondimenti dall’Italia e dall’estero.

A presentarlo oggi S.E. Mons. Guerino Di Tora, Presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes; la Dott.ssa Delfina Licata, Curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo; la Dott.ssa Sabrina Prati, Dirigente Istat – Servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita; Don Luigi Usubelli, Cappellano per la comunità italiana a Barcellona.

Per le Istituzioni: il Sen. Pier Ferdinando Casini, Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato; il Segretario generale del Cgie, Dr. Michele Schiavone; il Dr. Massimo Riccardo, Direttore centrale per la Promozione della cultura e della lingua italiana del Maeci.

Ha concluso i lavori Mons. Gian Carlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes. L’incontro è stato moderato da Roberto Napoletano, Direttore de Il Sole 24 Ore.

Durante la presentazione, il Direttore di TV2000, Dr. Paolo Ruffini, ha illustrato il video del Rapporto Italiani nel Mondo 2016.

I migranti dall’Italia “portatori sani” di italianità

Da recenti studi condotti dalla Fondazione Migrantes molti degli attuali migranti italiani non riescono né a concepirsi né a definirsi tali, ma parlano di sé come di viaggiatori. Che si autopercepisca o meno per ciò che davvero è, il migrante italiano è da sempre col suo migrare “portatore sano di italianità” e l’italianità la si è esplicata in modi molto diversi tra loro: il gusto, la lingua, il business, la sensibilità artistica e, quindi, la moda e il design, la musica, la pittura e cosi via.

La mobilita è una risorsa, ma diventa dannosa se è a senso unico, quando cioè è una emorragia di talento e competenza da un unico posto e non è corrisposta da una forza di attrazione che spinge al rientro.

Solo con il giusto equilibrio tra partenze e rientri avviene la “circolazione”, che è l’espressione migliore della mobilità in quanto sottende tutte le positività che derivano da un’esperienza in un luogo altro e dal contatto con un mondo diverso.

La mobilità porta con sé la creazione di contatti il cui incentivo e sostegno determina lo scambio a più livelli – di conoscenze, buone prassi, ecc. – in modo che effettivamente l’incontro sia un arricchimento vicendevole per un miglioramento di tutti e non la perdita da parte di qualcuno.

Questa premessa è fondamentale per sottolineare il grave problema dell’Italia di oggi, il cosiddetto brain exchange, cioè la non capacita non solo e non tanto di trattenere ma di attrarre dei talenti, un flusso che deve essere bidirezionale, quindi, tra il paese di partenza e quello di arrivo e che riesca nel tempo a soddisfare ma soprattutto ad esaltare le capacita dei soggetti coinvolti. Solo attraverso questa strada di valorizzazione continua e bidirezionale è possibile passare dal brain exchange al brain circulation evitando il depauperamento dei giovani e più preparati di alcuni paesi a favore di altri – cosa sempre più spesso denunciata in Italia – e spingendo alla realizzazione della migrazione come effettivo e concreto fattore di sviluppo sociale ed economico, tema tanto caro ai padri fondatori dell’Unione Europea.

Il sogno originario dei padri fondatori dell’Unione Europea era grande, difficile, complesso ma lo è ancora di più per chi lo ha ereditato ed è combattuto oggi sempre più spesso tra le proposte comuni e le rivendicazioni di autonomia. Aiuterebbe probabilmente la gestione di questo conflitto il pensare che la corretta politica dovrebbe tutelare non tanto (e non solo) la liberta di circolazione, ma due forme di diritto diverse ma legate tra loro ovvero il diritto di migrare e il diritto di rimanere nella propria terra e questo accade solo e unicamente se al centro di ogni ragionamento e di ogni azione si pone la persona e il suo benessere e non l’interesse – economico o politico – di alcuni a danno di altri. Il diritto di migrare o di restare come fattore di “sviluppo integrale”, quindi, ovvero volto alla “promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo” e proprio per questo fortemente legato alla pace, anzi ne è il presupposto fondamentale perché se il benessere è armonioso e condiviso crea efficienza, equità e felicità pubblica.

Solidarietà, giustizia sociale e carità universale: tre elementi di estrema attualità che vanno letti all’interno di una cooperazione internazionale strutturale alla politica e alla economia di ogni paese in termini concreti e reali di cittadinanza globale, di qualità della vita e dell’ambiente, di superamento dei conflitti per motivi politici, religiosi, altro.