L’umanità si muove attraverso tutto il pianeta, sia per terra che per mare. Chi migra incontra difficoltà diverse secondo la strada che si trova a percorrere. Il pericolo in mare è quello di morire annegati, o di freddo, immersi nelle acque gelide. Imbarcazioni sono spesso precarie e finiscono sul fondo del mare dopo aver preso il largo. E quando accade, può succedere che nessuno si muova per portare soccorso. Il 22 aprile l’ong Sos Mediterranée ha tentato di porre l’attenzione su un gommone disperso tra le acque a nord di Tripoli. Il grido di allarme è stato vano e nessuna delle autorità competenti si è preoccupata di soccorrere dalla tempesta le centotrenta persone che erano a bordo.
«Che questa ennesima tragedia provochi in noi un sussulto di umanità e d’impegno a creare canali legali e sicuri di ingresso, come già auspicato dal Global Compact del dicembre 2019 voluto dalle Nazioni Unite»: questa la voce della Fondazione Migrantes in seguito «all’ennesima strage» avvenuta nel canale di Sicilia.
L’articolo completo è sul numero 16 del settimanale diocesano «Frontiera». Lo si può acquistare nelle edicole della città dal 30 aprile.
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